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ROVIGO-Teatro delle Regioni-Debutto da applausi per la commedia “Sono tutti mio cugino”.

Tradizioni di famiglia e amarcord al Teatro delle Regioni. Applausi al chiostro degli Olivetani per la commedia “Sono tutti mio cugino” andata in scena martedì scorso nell’ambito della rassegna Teatro delle Regioni, organizzata dal gruppo teatrale “Il Mosaico” e realizzata grazie al sostegno economico della Fondazione Rovigo Cultura e di RovigoBanca, con il patrocinio del Comune e della Provincia di Rovigo e della Regione Veneto.

Ci sono storie che fanno ridere, ci sono storie che fanno commuovere, ci sono storie che parlano di ricordi… E poi ci sono storie come “Sono tutti mio cugino”, che fanno ridere, che fanno piangere e che fanno ricordare. Sono le storie che parlano di noi. Il sipario si alza in una casa dove non mancavano mai due fette di salame e un bicchiere di lambrusco per i passanti. Una casa con dodici figli, una casa di lavoratori, una casa che era una famiglia, in un paese che era una famiglia. Ora qualcosa si è perso ma ciò che rimane è la festa del paese di tutti, dove il paese, la casa, i dodici figli e i loro figli lavorano insieme per costruire il passato. Sono questi i presupposti sui quali si basa la commedia proposta dalla compagnia teatrale “Quinta Parete” di Reggio Emilia, che ha visto insieme sul palco l’autore Enrico Lombardi e Dario Aggioli, che ha firmato anche la regia, in una storia che appartiene al nostro Appennino ma che riguarda tutti noi. La pièce è il frutto della collaborazione, della stima reciproca e dell’amicizia che lega i due artisti da diversi anni e che parte da Corneto, piccola frazione del comune di Toano abitata da soli 200 residenti, paese d’origine di Lombardi. L’idea nasce dalla Festa dell’agricoltura di Corneto che raccoglie un pubblico enorme, e fra gli organizzatori moltissimi componenti della famiglie che nel tempo hanno lasciato il paese. Tutti tornano nella frazione per dare gratuitamente una mano e, guardandosi intorno, ci si accorge di essere tutti parenti. Illuminato dai riflettori, Lombardi racconta che la sua famiglia è una di quelle storiche di Corneto. Il padre ha ben  11 fratelli e per questo si è ritrovato con 30 cugini di primo grado. Da piccolo frequentava la festa, e ovunque si girasse, in qualsiasi stand, c’era almeno un suo cugino: da qui il titolo dello spettacolo. E mentre le parole scorrono rapide dalla bocca del protagonista, i ricordi diventano più concreti materializzandosi nella mente di ogni spettatore. “Sono tutti mio cugino” è uno spettacolo che attraverso i racconti di una famiglia e di una festa di paese, racconta ciò che abbiamo dimenticato, cose che nel passato abbiamo lasciato che ora ricerchiamo. Al centro della storia c’è la vecchia casa della famiglia Lombardi, dove era ubicato l’unico telefono del paese e dove la gente si recava per ricevere o fare telefonate. Anche sul palco è stata installata una cabina telefonica funzionante, dove gli spettatori hanno potuto farsi chiamare. Come il nonno del protagonista dello spettacolo, che rispondeva alle chiamate di tutto il paese e andava a cercare il compaesano, anche l’attore ha risposto al telefono e ha accolto sul palco lo spettatore interessato, interrompendo e allo stesso tempo diventando parte dello spettacolo.

Situazioni e parole che sembrano volerci ricordare che non c’è bisogno dell’attuale moltitudine di telefonini per socializzare e restare in contatto: a quel tempo c’era senza dubbio una maggiore condivisione della vita, e ci viene anche da pensare che, quando le porte di casa si lasciavano aperte, ci si conosceva maggiormente e ci si sentiva più sicuri.  “Sono tutti mio cugino” è uno spettacolo che parla di condivisione, un termine che ora vuol dire mostrare agli altri qualcosa, invece che viverla assieme. Ora si condivide un’immagine per avere insieme a distanza delle emozioni, senza vedere negli occhi chi sta vivendole con noi, senza stare nella stessa stanza. Prima si condivideva un’esigenza, un desiderio e persino il telefono. Un teatro, quello di Lombardi e dalla compagnia “Quinta Parete”, dal quale traspare una sorta di amarcord e il desiderio di recuperare quel senso di appartenenza a una comunità e di condivisione che ormai è andato perso. Una commedia che sembra chiederci: cosa abbiamo perso? Cosa ci manca? Cosa siamo contenti di aver perso? Cosa rivogliamo assolutamente avere?

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