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Turismo nel Polesine: servono analisi più oneste e una visione condivisa.

POLESINE-Negli ultimi giorni sono stati diffusi dati che raccontano una stagione turistica 2025 “con il segno positivo” per la provincia di Rovigo, descritta come un successo dopo anni difficili. È un risultato che fa piacere, ma che va letto con equilibrio e senso di responsabilità.

I numeri, infatti, non parlano mai da soli: dipende da come li si usa e da ciò che si decide di mostrare o di tacere. Il mio intento non è contraddire per principio, ma ricordare che interpretare correttamente i dati significa offrire un quadro veritiero al territorio, non costruire narrazioni di comodo. Quando si afferma che “la stagione 2025 è un successo perché segna il segno +”, è bene ricordare che questi numeri arrivano dopo un anno negativo. Il Polesine nel 2024 era stato l’unica provincia veneta con valori in calo, mentre nel 2025 registra un +4,4 % di presenze e un +5,2 % di arrivi. Più che una crescita strutturale, si tratta quindi di un rimbalzo fisiologico: il sistema ha recuperato terreno perso, ma non ha ancora dimostrato una tendenza stabile nel medio periodo. Presentare questo recupero come “boom turistico” è un modo di usare i dati a proprio vantaggio — tecnicamente corretto, ma fuorviante sul piano interpretativo. La crescita registrata nel 2025 sembra inserirsi nel trend regionale che, secondo i dati della Regione Veneto, mostra un recupero trainato soprattutto dalle strutture extralberghiere e dalle aree a maggiore vocazione turistica.

Tuttavia, per il Polesine non risultano ancora pubblici dati disaggregati che permettano di capire se l’aumento riguardi in modo uniforme anche l’entroterra o resti concentrato lungo la fascia costiera. In assenza di queste informazioni, è prudente evitare interpretazioni trionfalistiche e riconoscere che il turismo del Delta resta fortemente stagionale e balneare, con potenzialità ancora poco esplorate nei settori naturalistico, culturale e museale. Il turismo non può essere ridotto ai soli numeri dei pernottamenti: un territorio cresce davvero quando aumenta la qualità e la varietà dell’esperienza turistica, non solo la quantità dei letti occupati. Finché si parlerà di turismo in termini di “chi sale e chi scende” e non di “che tipo di turismo vogliamo costruire”, continueremo a inseguire i picchi stagionali invece di consolidare un’identità duratura. Il Delta del Po è un territorio fragile e prezioso, fatto di equilibri ambientali e sociali che non possono essere sacrificati a una logica esclusivamente balneare. Il turismo può e deve diventare un motore di sviluppo sostenibile, capace di valorizzare la natura, la storia e la cultura delle comunità locali. Ma questo richiede una regia comune: serve una strategia che unisca i comuni del Delta, gli operatori, le associazioni, i musei e gli enti pubblici in un’unica visione.

Solo così potremo costruire un’offerta che includa il turismo lento, il cicloturismo, le vie d’acqua e la fruizione culturale diffusa — forme di accoglienza che parlano di autenticità, non solo di presenze. In questo senso, come candidato consigliere per la Regione Veneto ed ex assessore al turismo del Comune di Adria, mi auguro che dopo tanto tempo speso a costruire organismi di coordinamento e progettazione come l’OGD, il territorio possa finalmente raggiungere con la nascita della Fondazione DMO Delta Po Adige un punto di arrivo concreto per organizzare la gestione turistica in modo unitario ed efficace. Un turismo realmente di territorio non si misura in percentuali, ma nella capacità di creare valore condiviso e identità. È questo il passo che il Polesine deve compiere se vuole smettere di rincorrere i dati e iniziare finalmente a guidare la propria narrazione.  Andrea Micheletti-Candidato per Le Civiche Venete.

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