Comunicati stampa

Porto Viro-premio letterario nazionale

(Porto Viro, 8 Novembre  2015) “Per la prima volta, in cinque edizioni, abbiamo aperto il concorso nazionale, città di Porto Viro, alla prosa “ha affermato l’assessore alla cultura Marialaura Tessarin, in occasione delle premiazioni del concorso avvenuto sabato pomeriggio in biblioteca, nel contesto della 16esima edizione della fiera del libro. E a vincerlo, Giuliana Moro di Padova con  “Salve Regina” .”Un racconto che parla  della sacralità dell’amicizia, scandita dalle parole della preghiera  del Salve Regina in un’epoca dove si è perso il senso del sacro. Un canto che è pretesto per l’io narrante di dire brevemente la vita di alcuni amici d’infanzia raccolti attorno ad un feretro di uno di loro, scomparso prematuramente:Ettorre, con due erre, per volontà di un padre ciabattino, affascinato dalla declamazione dell’Illiade…Un racconto intriso di malinconia dove si respira il soffio dell’amicizia e del rispetto della diversità. Ed è un respiro che tonifica”.Questo in sintesi il giudizio della giuria che ha vagliato i 145 lavori giunti da tutta Italia. A consegnare il premio alla vincitrice il rappresentante della casa editrice Vincenzo Grasso, che ne pubblicherà un’antologia. Al secondo posto è giunto Giuseppe Armani di Piacenza con “Brecce nel muro” al quale Monica dei ristorante dei sette mari, affiancata da Giovanni Braga, ha consegnato un soggiorno nel Delta del Po. Al terzo posto l’autore Ferlini Vanes di Bologna con il racconto “”pareti di ghiaccio”.A lui è stata consegnata l’opera d’arte di Gabriella Dumas.Mentre ai segnalati sono stati consegnati dei prodotti dell’ente parco del Delta del Po: Andrea Boscolo Buleghin di Venezia con “Impulsi e Annalisa Giuliani di Chieti con “Domani”.Per la poesia l’unico segnalato è stato Roberto Romanato di Vicenza con “Alcesti”. Tutti gli elaborati sono stati selezionati  dalla giuria presieduta da  Simone Martinello insieme a  Paolo Spinello, Giovanni Braga, Laura Sarto e dall’assessore alla cultura  Marialaura Tessarin.Nel corso dell’evento Umbertone e figli hanno presentato il loro libro di racconti “non pensare alle formiche” edito da Apogeo.

Guendalina Ferro

Servizio Informazione Comune di Porto Viro
Primo classificato: “Salve Regina”.

In un’epoca dove si è perso il senso del sacro, questo racconto ci parla della “sacralità” dell’amicizia, scandita dalle parole del Salve Regina. Un canto che è pretesto per l’io narrante di dire brevemente la vita di alcuni amici d’infanzia raccolti attorno ad un feretro di uno di loro, scomparso prematuramente: Ettorre, con due erre, per volontà di un padre ciabattino, affascinato dalla declamazione dell’Iliade.

C’è Antonio, l’officiante, un prete di strada, l’unico che gli era stato accanto sino alla fine. Piero, all’organo, a cui la musica è entrata dentro quand’era ancora nel grembo materno. Giuseppe, che era salito su un trattore dopo le superiori per coronare il sogno di agricoltore perché, come aveva ben capito la sua insegnante, di medici ce ne sono anche troppi. C’è Anna, infine, innamorata di questo suo amico a cui non interessavano le ragazze e che lei ha sempre difeso dalle cattiverie e dai pregiudizi. Ora fa la maestra e insegna ai bambini a non fermarsi alla superficie delle cose, a rispettare qualsiasi scelta.

Una scrittura ridotta all’essenziale e, anche se la soluzione conclusiva non è del tutto originale – cioè il ritrovarsi per dare l’ultimo saluto ad un amico sfortunato, colpito da un morbo cattivo, che incute paura nell’immaginazione collettiva – si avverte l’intento genuino di dare emozione al lettore. Un racconto intriso di malinconia, dove – a fronte dei troppi minimalismi così in voga oggiogiorno – si respira davvero il soffio dell’amicizia e del rispetto della diversità. Ed è un respiro che tonifica.

 Secondo classificato: “Brecce nel muro”.

Con una certa abilità narrativa, l’autore ci porta dentro un rapporto amoroso senza nomi. Un Lui, una Lei, rigorosamente in maiuscolo, a sottolineare forse l’unicità di ogni singolo amore. Un medico e una paziente. Ma ne siamo proprio sicuri? Una narrazione decisamente efficace, straniante. E quando il gioco psicologico si fa sottile sarà la donna a dare scacco matto. Quel Lui allora avvertirà la paura che attanaglia le viscere quando si pensa che quella Lei possa diventare il privilegio di un altro, quando – “percosso il piccolo bersaglio d’ottone” – Lei varcherà la soglia di casa di un “ignaro pretendente”. E quando quella porta sarà chiusa per quel Lui resterà solo il gesto estremo di farla finita. Ma ecco, quando i giochi sembrano conclusi portandosi dietro l’eco di tradimento e di tragedia, l’autore ci porta dietro un paravento. Forse la stessa stanza della visita iniziale, dove tutto era cominciato. Ne siamo proprio sicuri? Da questo paravento esce allora una Lei diversa, preda di “un’umiliazione rassegnata”, che la vede concedersi ad un altro per colmare il vuoto del corpo con un calore meccanico. Un calore che però non può scaldare l’anima. Ormai fredda, per l’assenza di quel Lui.

Racconto che si sviluppa con un buon nitore stilistico, che merita approfondimento e più letture.

Terzo classificato: “Pareti di ghiaccio”.

Questo racconto che ci parla di una coppia in crisi non ci dice nulla di nuovo, ma lo fa con semplicità. Attendibile per il suo realismo, l’autore vuole certamente farci riflettere ancora una volta sull’importanza dell’unione tra uomo e donna e sugli affetti che ne conseguono. Con un ritmo di narrazione pacato, che vive un sussulto nella descrizione di un rapporto sessuale al limite della violenza, sappiamo nella chiusa finale lasciata alla donna – “Devo essere forte per tutte e due” – la verità dello stare insieme. Libertà di sbagliare e di farsi male. Libertà di aver paura che tutto finisca, di fare di tutto perché non accada, di preparare una cena sperando di ricevere qualcosa, di accettare di non ricevere niente. Anche per sempre.

Segnalazione: “Impulsi”.

Questo racconto di un giovane autore scava nell’angoscia sepolta nel buio della mente. Su ogni percezione aleggia un alone sinistro. Una cantina, una fotografia, il proprio cadavere che l’io narrante si vede davanti. La mente viene suggestionata dalle illusioni della paura. Il racconto vive in equilibrio tra visione onirica e realtà soffocata da una ricerca spasmodica che si fa quasi incubo. Realtà virtuale/realtà effettuale? Non si sa, leggendo, qual è il confine netto. Racconto che a tratti sorprende e destabilizza il lettore. Nessuno è salvo, nemmeno quando è sveglio. E le sicurezze della sera prima, quando al mattino si riaprono gli occhi, capita di non trovarle più.

 

Segnalazione: “Domani”.

Quante lettere sono state scritte, ma mai spedite. Quanti pensieri, quante storie d’amore mai dette completamente. Restano sepolte dentro il cuore, magari mentre fuori nevica. Questo racconto sembra dirci in punta di piedi che “l’amore vero è volere / la gioia di chi non ci appartiene”, come ha scritto il poeta Giuseppe Conte. Perché l’altro ha una vita tutta sua. Perché turbarla con segreto: “Hai un figlio”. Veramente, “la verità ha bisogno di poche parole”, scrive l’autrice. Nessuno ci potrà far tornare indietro per ricominciare tutto da capo. Forse per questo è bene che un segreto importante come un figlio rimanga tale, chiuso in una lettera dentro un cassetto. La fatica dell’amore è anche la fatica della vita. I fiocchi di neve che cadono possono alleviarla, soprattutto se c’è da svegliare un bambino perché gioisca guardandoli dietro i vetri di una finestra.

 POESIA

Primo e unico classificato: “Alcesti”.

 

Per l’ottima padronanza della lingua e del verso – l’endecasillabo – che mantengono costante in tutta la lirica una efficace tensione poetica. Tensione che ben si esprime attraverso l’arte del sonetto. Si sa con il mito che la Morte viene a reclamare la sua vittima. Solo le anime belle come Alcesti sanno darsi totalmente, fino al sacrificio della propria vita. Solo un eroe può strapparci dal regno delle ombre. Nessuno di comuni mortali lo può fare – lo sa bene l’autore – perché nessuno “fra i viventi” si immolerà per noi. Noi non possiamo, questa è la nostra condizione umana, e allora “si estingueranno i volti / e i mattini di maggio e i labirinti / e il sapore dell’acqua e il sangue e il vento”. Versi che rimangono dentro e si intuisce, pur leggendo una sola poesia, che dietro c’è una vena fertile. Da coltivare.

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