Adria

Riflessioni sulla Prima Guerra Mondiale-Conoscenza, Conseguenze e Impegno per il Bene Comune.

ADRIA-(RO)-A conclusione delle celebrazioni  in ricordo della fine della 1^ guerra mondiale, Impegno per il Bene Comune ha proposto un momento di conoscenza e riflessione sulle conseguenze sociali e politiche di quel conflitto per l’Italia e per il Polesine.

Ospite della serata, introdotta dal coordinatore Federico Paralovo, è stato il prof. Gino Bedeschi, presentato dal referente del gruppo cultura del movimento civico, Leonardo Bonato, davanti al pubblico che gremiva sala cordella.  L’arco temporale considerato ha compreso l’entrata in guerra dell’Italia nel 1915 fino all’avvento del fascismo nel 1922. Le popolazioni italiane, e ancor più Polesane, erano povere e contadine e la loro prima preoccupazione era avere un lavoro dignitoso per sostenere le proprie famiglie, non certo combattere contro altri esseri umani con le stesse loro aspirazioni. Invece proprio loro pagarono il prezzo più alto tra i 650 mila caduti e il milione di feriti. Durante la guerra, lunga e logorante, le famiglie che i militi avevano lasciato a casa, già deboli e fragili, peggiorarono le loro condizioni economiche e sociali. In Polesine 5000 furono i morti, pari al 10% della popolazione maschile, 80% di loro erano contadini. I malcontenti che serpeggiavano durante la guerra erano stati tacitati con repressioni ma, soprattutto, con promesse.

La prima aspettativa dopo la fine del conflitto,  andata ben presto delusa, era la giustizia sociale, che avrebbe dovuto tradursi  nell’assegnazione di terreni da coltivare per emanciparsi dallo strapotere dei grandi proprietari terrieri. Il tragico salto di qualità  del movimento fascista, che nasce da diverse pulsioni derivanti proprio dal clima che si era creato durante il periodo bellico e subito dopo la fine della guerra, è proprio la saldatura con gli interessi degli agrari. Nasce, così, lo squadrismo che, godendo di finanziamenti e dei mezzi messi a disposizione dei grandi proprietari terrieri, utilizza sistematicamente la violenza per mantenere la gerarchia sociale precostituita. Tutto avviene con l’ambigua indifferenza, se non con la  connivenza, delle istituzioni statali, che avrebbero potuto intervenire se non avesse prevalso l’idea di voler utilizzare il fascismo giusto  il tempo per ostacolare  lo spauracchio della rivoluzione russa.

 
La storia ha dimostrato come quell’idea sia stata tragicamente sbagliata.  Nel corso della serata il relatore ha illustrato dati, documenti  ed episodi dell’epoca poco conosciuti. Nel dibattito finale sono emerse le responsabilità della monarchia e si sono messe a confronto gli strumenti messi a disposizione dello storico con i giudizi storici che si possono dare di fronte a fatti documentati. Tra gli interventi anche quello del consigliere comunale Enrico Bonato, che ha sottolineato come la libertà, la democrazia, la pace siano valori da difendere e come il pericolo, oggi, sia quello di darli per scontati; i tempi sono cambiati, ma la crisi sociale e le difficoltà economiche e le guerre   vicine a noi possono portare a derive pericolose se, soprattutto tra i giovani, si diffonde l’indifferenza.

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