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Studiare Dante è ricordare le radici del nostro essere italiani.

ADRIA-Sindaco Omar Barbierato-Molto apprezzata la videoconferenza del Prof. Brunetto Salvarani, per l’ampio quadro storico e teorico, argomentato in occasione del quarto appuntamento online del Dantedì. Un evento culturale organizzato dalla sinergia tra la biblioteca di piazza Bocchi e l’amministrazione Civica .

 Il sindaco, Omar Barbierato, che al termine ha espresso la sua soddisfazione al relatore, in apertura ha sottolineato come “studiare Dante è ricordare le radici del nostro essere italiani e del nostro essere europei e un modo per  riattivare la connessione con uno dei più grandi pensatori a livello mondiale”. Antonio Giolo, referente della biblioteca di Adria, ha evidenziato nel suo intervento che “è una opportunità unica quella che ci è offerta di confrontare l’immaginario dantesco col sentire dell’uomo contemporaneo”. Il professor Giolo, prima di passare la parola a Salvarani, ne ha  tracciato un breve profilo, “Salvarani, già insegnante di Scuola superiore e ora docente presso la Facoltà di Teologia dell’Emilia Romagna, è  autore di diversi libri, l’ultimo suo capolavoro letterario, “Dopo”, un testo che tratta proprio del tema della videoconferenza “l’Aldilà”.

Attraverso le sue parole accompagnate da Dante, Salvarani  riesce a fare un viaggio che parte dall’ importanza della Bibbia all’ interno della Divina Commedia, alla descrizione dell’ aldilà all’ interno del grande testo sacro, fino alla visione e schematizzazione dell’ oltretomba di Dante nella Divina Commedia, per poi parlare della visione dell’ aldilà ai giorni nostri e concludere così questo viaggio, in un mondo oscuro dominato dalla morte e dalla malinconia, con una riflessione a proposito di ciò che, in questo ultimo anno, la pandemia ci ha insegnato sulla morte e la perdita.   “Una  morte che  ci è stata sbattuta in faccia nel vivere  l’emergenza sanitaria e questo consegna all’eternità la nostra persona irripetibile. Una poesia di un cantatore canadese, Leonard Cohen, dice “c’è una crepa in ogni muro ed è da lì che entra la luce” –ha detto Salvarani- Per cui oggi proprio è nella solidarietà, in un’etica comune, come ha insegnato il grande teologo Hans Kung, morto in questi giorni, che le grandi religioni possono trovare un terreno comune di intesa”. Al relatore è stata inviata una copia del Catalogo delle stampe della Fondazione Bocchi e una riproduzione del quadro su Paolo e Francesca danteschi, di proprietà del Comune.

Ecco nei dettagli la relazione della video conferenza, scritta dal referente della biblioteca, il professor Antonio Giolo. Il prof. Brunetto Salvarani ha rimarcato il rapporto tra Dante e la Bibbia, definendo il suo modello dell’oltretomba ineguagliabile, perché ha creato il nostro immaginario mentale, in cui Inferno, Purgatorio e Paradiso sono situati in luoghi precisi, dal centro della terra in cui sta Lucifero all’Empireo in cui è collocato il Paradiso. Secondo la teologia oggi non si può più ritenere che questi siano luoghi veri e propri.  Per cui si può parlare metaforicamente di stati mentali. E questo è il problema di fondo, per cui noi dovremmo fare dei passi in avanti collegandoci alla sensibilità scientifica e culturale moderna che si può definire post-metafisica.

Dante fin dall’inizio della Commedia si riallaccia a passi della Bibbia. La Bibbia è il grande codice della cultura occidentale però è un libro assente nella cultura dell’italiano medio, sebbene sia un testo fondamentale per la nostra storia, al di là delle appartenenze confessionali. La Bibbia quando parla dell’aldilà è molto sobria, dà più importanza all’aldiquà; chiama l’aldilà Sheol, la fossa, che somiglia un po’ all’Ade dei Greci. Fino al secondo secolo avanti Cristo non si parla di resurrezione. Egitto e Mesopotamia sono, invece, le regioni che hanno maggiormente riflettuto sull’aldilà come possibilità di sopravvivenza felice. Per gli Ebrei era importante o morire “sazi di giorni” o avere molti figli, o ricevere una sepoltura dignitosa. Le prime tracce di un’ipotesi di resurrezione si hanno nell’epoca ellenistica, impregnata dal pensiero di Platone, nel Libro di Giobbe e nel Qoelet, come pure nel Libro di Daniele e nel secondo libro dei Maccabei. Anche Gesù nel Nuovo Testamento è piuttosto sobrio, e, se promette ai suoi discepoli la vita eterna, è preoccupato dell’aldiquà, di come ci si comporta qui.La visione di Dante viene da una matrice biblica, non però come visione tripartita, perché, ad esempio il Purgatorio è una creazione medievale. Dante si pone al seguito di grandi figure: Enea il grande eroe Troiano e San Paolo; ma sente che la sua missione è voluta dal cielo. Non è il primo a descrivere l’aldilà, l’Odissea, l’Eneide e racconti medievali lo avevano fatto, però in Dante c’è una grande organicità, aristotelico tolemaica, improntata alla visione di Tommaso d’Aquino. Tutta la predicazione di un tempo era incentrata su questo modello, destando molte paure, ma dando meno importanza alle strategie per vivere bene l’aldiquà. La modernità ha fatto sempre più fatica ad accettare questo immaginario. E su questa visione è sceso l’oblio. Del resto tutte le religioni sono in difficoltà nel trovare le parole adatte a parlare all’uomo moderno.  I sociologi ci dicono che sette cristiani su dieci non credono alla resurrezione, nonostante che questa sia una precisa affermazione del Credo.E questo pone un serio problema dell’assenza della speranza, drammatica assenza in un momento così particolare come la pandemia. Con la secolarizzazione le Chiese hanno difficoltà a comunicare con l’uomo d’oggi. Quelle che attualmente vanno di moda sono altre concezioni: la reincarnazione, ad esempio, che nasce nella cultura induista e buddista, che del resto vede nella reincarnazione una condanna, da cui bisogna liberarsi, interrompendo questo ciclo. L’altra possibilità è quella dell’uomo post-mortale legato ai progressi delle scienza, della medicina: l’idea di vincere la morte, proseguendo indefinitamente una vita senza limite. Oggi dobbiamo prendere atto che noi siamo legati gli uni agli altri molto più di quanto non percepiamo, siamo relazione. Il paradosso è che in questo periodo non possiamo abbracciarci. Inoltre siamo fragili. Cercavamo una onnipotenza che non abbiamo. Siamo mortali. 

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