Coldiretti

GLI AGRICOLTORI AL BRENNERO PER DIFENDERE IL MADE IN ITALY.

Lanciata la nuova raccolta firme per la legge europea sull’etichettatura obbligatoria di tutti i prodotti: obiettivo un milione.

Reciprocità questo è il principio che chiediamo all’Europa a meno di 60 giorni dal voto: commenta così Carlo Salvan, presidente di Coldiretti Rovigo, che da due giorni è attivo con i soci per l’operazione Brennero dove l’associazione di categoria controlla, con l’ausilio indispensabile delle forze dell’ordine, i tir che entrano in Italia da questa importante arteria autostradale.

È necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri. Coldiretti porta avanti questa battaglia da decenni – prosegue Salvan – è necessario garantire che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute. Perchè chiediamo l’applicazione del principio della reciprocità? Dopo l’ennesima esperienza qui al valico, a maggior ragione dopo aver visto il contenuto di alcuni camion come le cosce di maiale, il grano, l’uva, il latte e gli asparagi destinati a stabilimenti veneti per una ulteriore trasformazione, ma di cui non sappiamo in che condizioni sono state prodotte. Oltretutto, proprio durante questo presidio sono state riscontrate anche alcune mancanze, come l’etichettatura: diversi prodotti anonimi sono stati scovati senza informazioni e, fortunatamente poi sono proseguiti sotto l’analisi e il controllo delle forze dell’ordine presenti in loco. Ma mentre fermavamo un tir, chissà quanti ne sono passati e sono ora destinati a diventare un fake di made in Italy”.

E proprio in questa due giorni è partita la raccolta di un milione di firme – sostenuta firmando in tutti i mercati di Campagna Amica e negli uffici Coldiretti e promossa da una campagna social #nofakeinitaly – con la proposta di iniziativa popolare per mettere in trasparenza la filiera agroalimentare è solo il primo passo per portare l’Unione Europea a un cambio di prospettiva che sostenga la sovranità alimentare, anche lasciandosi alle spalle politiche dettate da un insensato estremismo green.

Inoltre, proprio in vista dell’appuntamento elettorale europeo, Coldiretti ha avanzato le sue proposte. Coldiretti chiede innanzitutto la revisione del criterio dell’ultima trasformazione del Codice doganale dell’Unione e del luogo di provenienza, che permette di vendere come italiano, magari con il nome “nostrano” o “di fattoria” un prosciutto fatto con cosce di maiale provenienti dall’estero.

Serve poi insistere sul principio di reciprocità, in una situazione dove dalle frontiere entrano prodotti per proibire l’importazione di cibo trattato con sostanze e metodi vietati in Europa che non rispettano le stesse normative comunitarie in fatto di sicurezza alimentare, tutela dell’ambiente e del lavoro. Una concorrenza sleale che danneggia gli agricoltori europei peraltro sottoposti a regolamenti e vincoli spesso fuori dalla realtà.

Da qui la richiesta di una maggiore semplificazione, sulla scia dei risultati già ottenuti dopo le mobilitazioni della Coldiretti a Bruxelles, con la presentazione della revisione della Politica agricola comune per l’alleggerimento degli adempimenti a carico delle aziende. Un primo passo che va ora rafforzato con misure ancora più impattanti, considerato che oggi un agricoltore spende un terzo del suo tempo per riempire moduli e carte burocratiche.

Ma la nuova Ue dovrà garantire mercati equi e trasparenti, incentivando gli accordi di filiera e vietando la vendita sotto i costi di produzione. 

Al prossimo Governo europeo Coldiretti chiede anche di incrementare i fondi Pac per assicurare l’autonomia alimentare dei cittadini europei e favorire il ricambio generazionale, riconoscendo e sostenendo il ruolo degli agricoltori come custodi degli ecosistemi e della biodiversità.

Coldiretti porta in Europa anche la battaglia contro il cibo sintetico fatto in laboratorio dopo aver fatto da apripista in Italia con la raccolta di oltre 2 milioni di firme che ha portato all’approvazione della legge che ne vieta la produzione e la commercializzazione sul territorio nazionale.

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