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Delta-la storia di un italiano che dorme per strada.

Delta: Mario (nome volutamente inventato )è un clochard di circa 50 anni che da due anni vive per strada e di notte dorme per terra in un rifugio  improvvisato. Un polesano doc dall’ aspetto normale, che non si direbbe un senzatetto, se non fosse per il suo odore di vino e per quello che ci racconta.

Alle spalle un errore che l’ha portato a scontare una pena di tre anni e mezzo di carcere. Uno sbaglio per il quale ha pagato e alla fine della pena è stato abbandonato dai famigliari che non hanno più voluto saperne di lui. Compresi i figli che hanno cambiato il suo cognome con quello della madre-racconta-. “Mi hanno chiuso la porta in faccia, anche mio padre, e sono finito per strada. In quel momento di disperazione volevo farla finita e buttarmi in un canale. Poi il mio pensiero è andato proprio ai figli, che mi accontento di vedere da lontano, senza farmi vedere da loro”. Prima di finire in mezzo a una strada, Mario ha fatto diversi lavori, dall’imbianchino al muratore ai lavori di asfaltatura e si è rivolto anche alle istituzioni del territorio per avere una casa. Ha provato anche ad occupare qualche abitazione chiusa, con le conseguenze del caso. “Non ci sono case per me-racconta Mario fumando una sigaretta-sono solo, la precedenza è per le famiglie con bambini, per lavarmi mi improvviso, per un periodo sono riuscito a lavarmi in una struttura ospedaliera, ma poi mi hanno scoperto. DI solito giro per i bar, -prosegue-dove annego la mia disperazione in un bicchiere di vino e dove ho conosciuto delle persone che saltuariamente mi permettono di fare una doccia a casa loro o di mangiare un piatto di pasta. Solitamente mangio scatolette che trovo alla caritas parrocchiale dove ho trovato delle volontarie che mi aiutano. Un posto dove mi metto in fila insieme ad immigrati e clandestini, che girano con l’ultimo iphone e sono vestiti meglio di me-racconta-. Loro  dormono in albergo, mentre io dormo per terra in estate e in inverno. A volte mi sale una rabbia che non ti dico. E a volte sono così disperato che penso di farla finita. Mi basterebbe avere la possibilità di usare una stanza e un bagno, dove potermi lavare e dormire su un materasso per ricominciare a lavorare. Per il mangiare vanno bene le scatolette e la bontà dei cittadini che ogni tanto mi preparano un piatto caldo.”

 Poi il suo viso si riga di lacrime “Ho sbagliato, ma ho pagato. Ho lavorato tanti anni della mia vita per una casa e una famiglia. E ora non ho più nulla, non mi vogliono. Vivo con gli ultimi soldi della disoccupazione e poi non so. Di fatto le istituzioni fino ad ora non mi han no aiutato, e ora che la Caritas parrocchiale chiude per un mese non so come farò per mangiare”. Un appello vero e proprio che Mario ha deciso di affidare alla stampa, per avere un aiuto, per mangiare e poter continuare a vivere da Italiano in Italia. G.F

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